Sala 6 - Maioliche Italiane.
PASQUALE RUBATI
Pasquale Rubati nacque a Lodi da una famiglia di ceramisti di origine savonese e dopo aver lavorato per Rossetti a Lodi, lo seguì a Torino. Nel 1745 è documentato tra i pittori della manifattura Clerici, ma scompare dai suoi elenchi nel 1756 per comparire su altri documenti che provano il sofferto avviamento della sua manifattura di maiolica fina dall’altra parte della città, accanto della chiesa di Sant’Angelo. Pasquale Rubati ha certamente lasciato Clerici portandosi via “li segreti de li colori” cioè le ricette dei colori a piccolo fuoco, conoscenza che gli permise di sviluppare al meglio il suo straordinario talento di pittore. Pasquale è un uomo dal gusto finissimo come provano le sue maioliche “che non si distinguono dalla porcellana che alla trasparenza” ispirate alle porcellane francesi e viennesi. Dopo la sua morte il figlio Carlo continuerà l’impresa con un socio, Emanuele Bonzanini, ma con molto minor successo.
LODI, TORINO E NOVE
Nel corso del Settecento si moltiplicano le manifattura di maiolica in Italia. Nel Settentrione si deve dar merito alla tradizione savonese e lodigiana di essere la base su cui si fonda la nuova cultura ceramica arricchita poi dalla cultura francese, importata dal torinese Rossetti. Vi è un continuo intrecciarsi di percorsi stilistici dovuti allo scambio di lavoranti e modelli nei diversi centri ceramici al fine di elevare il loro livello tecnico - artistico. Ciò spiega l’assonanza formale della produzione di molte manifatture.
ALTRE MANIFATTURE
Non c’è regione italiana in cui nel Settecento non si sia prodotta maiolica fina. Oltre alle lombarde, che abbiamo già visto, troviamo la manifattura Ferniani a Faenza e – ad esempio - la manifattura Finck a Bologna, Casali e Callegari a Pesaro, Roletti a Urbino, Fuina a Castelli, Cialli a Roma, la manifattura reale di Caserta fino a quella palermitana del Barone Malvica. Inoltre spesso anche le maggiori manifatture di porcellana avevano accanto laboratori di produzione di maiolica, come Ginori o Cozzi.
Oltre ai modelli comuni come le forme cinesi o dell’argenteria contemporanea e i decori d’ispirazione orientale o alla francese c’è un forte “passaparola” e certi motivi tipici di una produzione, e di successo, li ritroviamo utilizzati in maioliche di altra manifattura. Incontriamo ceramiche “alla blanser”, motivo che crediamo novese, anche su maioliche bolognesi o urbinati. Decori “alla frutta”, il cui modello potrebbe essere lodigiano, anche a Milano e Nove. Il decoro francese “alla Berain” con accenti formali diversi compare su maioliche di diversa provenienza.